La solitudine in mezzo al rumore

C'è un paradosso che ho conosciuto fin da bambina: quello di sentirsi completamente sola in una casa sempre piena di gente. La nostra era una di quelle abitazioni dove la porta sembrava non chiudersi mai. La nonna viveva con noi, e con lei arrivava un costante viavai di parenti, amici, vicini che passavano "solo per un caffè" e finivano per restare ore.

Le voci riempivano ogni stanza, le risate echeggiavano dal soggiorno alla cucina, eppure io mi sentivo invisibile. O peggio, fin troppo visibile ma per le ragioni sbagliate. Ero "quella strana", "quella diversa", quella che non si adattava al rumore costante, alle conversazioni superficiali, ai rituali familiari che sembravano privi di significato.

Mi guardavano come si guarda una pecora nera in mezzo al gregge - con quella combinazione di disapprovazione e preoccupazione che faceva più male dell'indifferenza. "Perché non sei come gli altri?" sembravano chiedermi con gli occhi. Non c'era spazio per le mie idee, per i miei silenzi, per il mio modo diverso di vedere il mondo.

È stato solo crescendo che ho fatto una scoperta liberatoria: stare da sola non significava essere sola. Anzi. In quei momenti di solitudine scelta, finalmente riuscivo a respirare. I miei pensieri potevano fluire liberamente, senza il peso dei giudizi altrui. I libri diventavano compagni più sinceri di molte persone reali. I miei interessi, così strani agli occhi della famiglia, trovavano finalmente lo spazio per fiorire.

Ho imparato che c'è differenza tra solitudine e isolamento. L'isolamento è ciò che provavo in mezzo alla folla familiare - un'assenza di connessione autentica nonostante la vicinanza fisica. La solitudine scelta, invece, è diventata il mio spazio sacro, dove ho potuto finalmente incontrare me stessa.

Oggi guardo a quella bambina circondata da gente ma terribilmente sola, e vorrei dirle che un giorno scoprirà che essere diversa non è una maledizione ma un dono. Che troverà persone che apprezzeranno la sua unicità invece di tentare di cambiarla. E che imparerà che la vera compagnia non si misura in quantità di persone, ma in autenticità di connessioni.

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