Pasqua senza Internet: riflessioni di un prigioniero digitale

In questi giorni di Pasqua e Pasquetta, mi ritrovo intrappolato in casa come un naufrago su un'isola deserta del ventunesimo secolo. Non posso uscire, non ho Internet e mia madre, con la sua autorità indiscutibile durante le festività, mi impedisce persino di lavorare. "È festa, si sta in famiglia!" ripete, mentre io guardo il mio computer con nostalgia.

Solo ora mi rendo davvero conto di quanto sia diventato fondamentale avere una connessione a casa. I pochi giga del telefono si consumano in un lampo, e la frustrazione cresce quando capisco che non posso nemmeno scaricarmi un film o una serie TV per ingannare il tempo.

Continuo a controllare il telefono, sperando in un miracolo di connettività, ma la barra del segnale dati sembra deridermi. "Ecco cosa succede a non avere un piano dati decente," penso mentre calcolo mentalmente quanti episodi potrei vedere con i miseri giga rimasti.

È ironico come in giorni dedicati al relax mi senta così irrequieto. Mi ritrovo a sfogliare vecchie riviste, esplorare angoli della casa che non vedevo da mesi, e persino a partecipare a conversazioni familiari che normalmente eviterei con destrezza dietro lo schermo di un dispositivo.

Forse questo distacco forzato dalla rete ha un suo valore, ma in questo momento, mentre guardo la pioggia battere contro i vetri e ascolto per l'ennesima volta il racconto di come mio zio abbia vinto a briscola domenica scorsa, non posso fare a meno di sospirare pensando al mio amato streaming, lontano e irraggiungibile come un miraggio nel deserto digitale in cui mi trovo.



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