mercoledì 19 febbraio 2025

Il diario alimentare: perché quello tradizionale non funziona (e cosa fare invece)

Molte persone iniziano un diario alimentare con le migliori intenzioni, convinte che tracciare ogni singolo boccone sia la chiave per prendere consapevolezza delle proprie abitudini. E all'inizio, effettivamente, può essere illuminante - se non addirittura scioccante.

Ci si ritrova a scrivere liste interminabili: il caffè con i biscotti della colazione, gli spuntini rubati tra una riunione e l'altra, il pranzo abbondante, la merenda del pomeriggio, gli stuzzichini prima di cena... È in questi primi momenti che realizziamo quanto realmente mangiamo durante una giornata.

Ma c'è un problema di fondo con questo approccio così meticoloso: non è sostenibile nel lungo termine. Con il passare dei giorni, la motivazione iniziale svanisce. Annotare ogni singolo alimento diventa un peso, un compito tedioso che rimandiamo sempre più spesso. Ci ritroviamo a fine giornata a cercare di ricordare tutto quello che abbiamo mangiato, perdendo precisione e, soprattutto, il senso dell'esercizio stesso.

La verità è che questo tipo di monitoraggio ossessivo spesso fallisce perché si concentra sul "quanto" invece del "perché". Non è la quantità di cibo che dovremmo tracciare, ma le motivazioni che ci spingono a mangiare in un certo modo.

Un approccio più efficace? Trasformare il diario alimentare in un diario emotivo del cibo. Invece di elencare minuziosamente ogni alimento, proviamo a riflettere e annotare come ci sentiamo quando mangiamo. Siamo stressati e cerchiamo conforto nel cioccolato? Abbiamo scelto un'insalata per pranzo e ci siamo sentiti energici tutto il pomeriggio? È questo tipo di consapevolezza che può portare a cambiamenti duraturi.

Il consiglio è quindi quello di creare un diario personalizzato e flessibile. Se volete, potete includere anche quello che mangiate, ma non dev'essere un obbligo quotidiano. L'importante è concentrarsi sulle emozioni e le motivazioni che guidano le vostre scelte alimentari. Alcune domande utili da porsi potrebbero essere:

  • Come mi sento prima di mangiare?
  • Sto mangiando per fame o per altre ragioni?
  • Come mi sento dopo aver mangiato questo cibo?

Questo approccio più gentile e consapevole ci permette di sviluppare una comprensione più profonda del nostro rapporto con il cibo, senza cadere nella trappola del controllo ossessivo. Ricordiamoci che l'obiettivo non è giudicarci, ma capirci meglio.

La vera chiave per un cambiamento duraturo nelle nostre abitudini alimentari non sta nei numeri o nelle liste, ma nella comprensione di noi stessi e del nostro rapporto con il cibo. Solo così possiamo sviluppare abitudini alimentari più sane e sostenibili nel lungo termine.

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